Giovanni da San Giovanni torna nella sua città natale con una mostra firmata Terre degli Uffizi
10 Ott 2023
Tra gli artisti prediletti dalla famiglia Medici, Giovanni Mannozzi (1592-1636), passato alla storia come Giovanni da San Giovanni, emerge dal cupo virtuosismo del movimento del suo secolo, il Manierismo, per l’ariosità delle pennellate e la dolce freschezza del colore. Il gusto neo-ellenistico e lo humour irriverente del pittore, uniti all’abilità di eseguire le opere “presto e bene”, si manifestano nei tondi esibiti nella mostra in un flusso vivace di forme delicate e luminose, che rendono il godimento dei suoi dipinti un’esperienza eterea.
La particolarissima tecnica a fresco su tegola, che ha valso all’artista il successo e costituisce il filo conduttore della mostra, esalta la leggerezza delle opere di Giovanni da San Giovanni grazie alla vaporosità del materiale e alla plasticità della forma circolare, che smussa e addolcisce l’intera scena.
I soggetti preferiti del pittore del Valdarno provengono dalla mitologia e sono ritratti con arguzia, come nel caso del tondo Aurora e Titone, in cui la dea, rosea e spensierata, osserva quasi divertita il deterioramento del marito anziano, consumato dalla vecchiaia e dalla stanchezza. L’attrazione per la raffinatezza nel mito non cancella però il gusto toscano per la provocazione e la sfrontatezza, che il pittore sfoga nell’affresco Scena di evirazione, dove un gruppo di donne si adopera laboriosamente intorno ad un satiro.
La sua pittura ad affresco lo portò ad essere assai apprezzato da prestigiosi committenti fiorentini e romani, permettendogli di coltivare un particolare rapporto con i Granduchi: su commissione medicea Giovanni eseguì uno dei suoi primi lavori fiorentini, il perduto affresco in piazza della Calza e l’ultima sua impresa, la decorazione della Sala degli Argenti in Palazzo Pitti, interrotta per la prematura morte.
E’ proprio la relazione fra l’artista e un membro della famiglia Medici, il principe don Lorenzo figlio di Ferdinando I, a improntare la mostra: saranno, infatti, esposti per la prima volta in serie otto tondi eseguiti da Giovanni Mannozzi per la Villa della Petraia intorno al 1634, affiancati da altri due tondi realizzati per la Villa di Pratolino e da altre opere connesse a queste committenze.
L’altro aspetto che l’esposizione valorizza è la naturale connessione con la città di San Giovanni Valdarno e con le opere dello stesso artista e di altri a lui vicini ivi conservate: primi fra tutti, i dipinti custoditi nel Museo della Basilica di Santa Maria delle Grazie. Nella collezione museale si trova infatti una delle poche tele del pittore, commissionata dai confratelli della Compagnia di San Giovanni Decollato per il relativo altare nella chiesa di S. Lorenzo, la Decollazione di S. Giovanni Battista, firmata e datata al 1620. Allo stesso periodo risalgono due lunette, affrescate nel 1621 alla sommità delle due rampe di scale dell’Oratorio di S. Maria delle Grazie con le scene dell’Annunciazione e dello Sposalizio; oggi all’interno del museo si conserva la versione originale dello Sposalizio, scoperta nel 1953 durante un restauro della Soprintendenza, martellinata dal pittore, ma in parte ancora leggibile. Queste opere testimoniano la presenza nella terra natale di Giovanni tra il 1620 e il 1621 e documentano la sua importante partecipazione al complesso lavoro di ristrutturazione e abbellimento dell’Oratorio, cominciato agli inizi del Seicento. In questa sezione della mostra, a cura di Michela Martini, la Decollazione del Battista sarà posta in dialogo con un’altra tela dipinta dal Mannozzi, ovvero la Circoncisione di S. Bartolomeo a Cutigliano, poco nota al largo pubblico, anch’essa datata al 1620. Saranno inoltre esposti una pregevole opera di collezione privata, La mensa dei poveri, e lo stemma della famiglia Mannozzi. A documentare la sua abilità di pittore frescante, inoltre, potrà essere esposta una piccola e preziosa opera della collezione privata di Mina Gregori, raffigurante Santa Lucia. L’artista tornerà al suo paese natio ancora negli anni Trenta, dipingendo un san Giuseppe con Bambino, opera ancor oggi conservata nel museo.
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