Premio Marco Melani

Premio Marco Melani
15 Mag 2017

IL CINEMA DI PIPPO DELBONO – LA CAMERA NEGLI OCCHI

Pippo Delbono al Premio Marco Melani ( 15 maggio 2017, Cinema Teatro Masaccio) e retrospettiva a Casa Masaccio centro per l’ arte contemporanea ( dal 13 al 21 maggio 2017)

La città di San Giovanni Valdarno promuove la 11ª/12ª edizione del premio cinematografico “in memoria” di Marco Melani (San Giovanni Valdarno, 12 aprile 1948 – Roma, 13 aprile 1996). Con l’istituzione di questo premio il Comune di San Giovanni Valdarno, che ha dato i natali a Marco Melani, vuole ricordare una persona di grande spessore intellettuale che ha svolto la sua opera nell’ambito del cinema e della televisione italiana.
Il premio a cura di Enrico Ghezzi, critico cinematografico, scrittore, autore e conduttore televisivo, coordinato dal Comune di San Giovanni Valdarno / Casa Masaccio Centro per l’arte contemporanea in collaborazione con la Bibliloteca Comunale, sarà consegnato dal Sindaco della città, Maurizio Viligiardi, a Pippo Delbono, autore, attore e regista.
Stare dalla parte dei più deboli, dare voce e restituire dignità agli emarginati dalla società, a coloro che sono considerati da questa come gli ultimi. Questo è il filo conduttore di tutta la produzione artistica di Delbono, tanto a teatro come al cinema. Personaggi rimossi, scomodi per la loro stessa esistenza. Paria che non possono far parte dei circoli buoni e per bene, per motivi etnici, fisici, economici o morali.

L’appuntamento con Delbono è quindi per lunedì 15 maggio dalle ore 17.00 alle ore 24 al Cinema Teatro Masaccio di San Giovanni Valdarno, dove l’artista sarà presente per un incontro/ conversazione con Enrico Ghezzi e il pubblico. A seguire dalle ore 17.30 le proiezioni dei film Sangue (2013) e il cortometraggio La Visite ( 2014). Infine alle ore 21.30, consegna del Premio Marco Melani 2017 a Pippo Delbono e alle ore 22.00 proiezione del film Vangelo (2016).
Sempre nell’ambito del Premio Marco Melani 2017 , Casa Masaccio centro per l’ arte contemporanea presenterà nei suoi spazi uno speciale omaggio al cinema di Pippo Del Bono, e alla sua multiforme personalità di artista, con una retrospettiva a lui dedicata dal 13 al 21 maggio 2017.
La retrospettiva, allestita negli spazi di Casa Masaccio dal 13 al 21 maggio 2017, presenta quattro film di Pippo Delbono, tra cui: “Grido”, opera autobiografica che racconta gli anni drammatici degli abusi subiti e che gli hanno causato una lunga malattia della mente; “Guerra”, film ispirato all’omonimo spettacolo nel quale racconta del suo percorso teatrale e del suo fondamentale sodalizio con il sordomuto Bobò (ex internato del manicomio di Aversa, divenuto uno degli attori principali dei suoi spettacoli). Continua la retrospettiva con il film “La paura”, racconto ora drammatico ora grottesco sullo stato del Paese Italia, girato interamente con un cellulare e infine “Amore Carne” girato anche questo con un cellulare e con una piccola camera full Hd nel quale Delbono segue la sua stessa quotidianità e quella delle persone a lui più care e vicine.
I film: Sangue, La visite, Vangelo saranno in programmazione al Cinema Teatro Masaccio, in occasione della consegna del premio cinematografico Marco Melani a Pippo Delbono, Lunedì 15 maggio 2017 dalle ore 17.30 alle ore 24.00 – ingresso gratuito.
ore 17.30 – Sangue, (2013) – 92’
Pippo Delbono e Giovanni Senzani, ex leader delle Brigate Rosse recentemente uscito di prigione, decidono insieme di tornare sul loro rapporto con la violenza, con i sogni di rivoluzione, con il mondo d’oggi e l’Italia in rovina. Per un libro, o un film… Ma quasi che la realtà si facesse beffe dei loro progetti, la morte li sorprende. Pippo accorre al capezzale della madre malata, fervente cattolica nonché ex maestra elementare che detestava i comunisti. Mentre Anna, dopo aver pazientemente atteso che il marito Giovanni scontasse i suoi 23 anni di carcere, si ammala a sua volta. Nonostante i loro sforzi, le due donne muoiono a tre giorni l’una dall’altra. Pippo e Giovanni si ritrovano improvvisamente orfani, indifesi, smascherati. Intanto L’Aquila, la città sfigurata dal terremoto e svuotata dei suoi abitanti, la città delle promesse e delle campagne politiche, oggi solitaria e anch’essa orfana, abbandonata, attende che qualcuno, finalmente, la riporti in vita.
ore 19.00 – La visite, (2015) – 22’
Presentato a Doclisboa, La visite è un cortometraggio dove protagonista è l’immancabile Bobò, in coppia con il grande attore Michael Lonsdale. Commissionato dalle autorità francesi, il film è un’ulteriore presa di posizione poetica dell’autore nei confronti degli ultimi, degli emarginati dalla società. Bobò e Michael Lonsdale sono soli nella Reggia di Versailles. Insieme camminano nelle stanze di questo palazzo fantasma del potere.
[sinossi].
Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior. Sulle note di questa strofa di Via del Campo, indimenticabile canzone di De Andrè, con Bobò che raccoglieva fiori, si concludeva lo spettacolo Barboni, che aveva segnato l’inizio del sodalizio artistico tra Delbono e Bobò, sordomuto, quest’ultimo, scoperto dal primo in un laboratorio teatrale realizzato nel manicomio di Aversa. In questo piccolo lavoro, La visite, presentato alla tredicesima edizione del DocLisboa, Pippo Delbono torna a mettere al centro Bobò, a collocarlo letteralmente sul trono, nella Reggia di Versailles. E lo fa accompagnare da un grande e storico attore francese come Michael Lonsdale. L’opera artistica di Delbono è un contenitore di opposti, di elementi tra loro in conflitto dialettico. In questo caso ci sono le varie forme d’arte, teatro, cinema, pittura, scultura. La magnificenza della Reggia, sede della corte di Francia, della nobiltà e dell’aristocrazia, in conflitto con l’ex-homeless Bobò; e poi un’icona del teatro e del cinema come Lonsdale messa a confronto sempre con Bobò. Bobò è il terminale di ogni confronto che si conclude con un’inversione di ruoli. Delbono si muove nelle stanze del palazzo con una macchina da presa meno traballante del solito, rinunciando alla voce off narrativa o a commento che rappresenta la sua cifra stilistica. Esce dal suo tradizionale schema del diario. E con la sua mdp scruta le stanze che furono del sommo potere, i busti aulici di Cartesio e Voltaire. Indugia sui quadri, si muove con lo sguardo al loro interno, nelle scene di guerra che rappresentano. Cattura la luce imponente che filtra dalle finestre in quella che è stata la dimora del Re Sole. Bobò e Lonsdale attraversano lo sfarzo, il tempio, il museo, passano nella Galleria degli Specchi con la stessa carica della corsa al Louvre di Bande à part, mentre Lonsdale dice “Siamo solo plebei”. L’inversione tra Bobò e Lonsdale avviene simbolicamente nel cambio di ruoli di chi è portato sulla sedia a rotelle, prima Bobò poi Lonsdale. E nel finale lungo un viale di alberi meticolosamente potati e pettinati, tutti uguali, omologati, con i due protagonisti che camminano con un bastone, Lonsdale confessa di essere stato anche lui un emarginato, in quanto figlio illegittimo. Sembra inutile far indossare a Bobò la parrucca stile Luigi XIV. È il suo stesso sguardo, la sua fierezza che trapela, la dignità nell’umiltà, a farne il vero nobile di tutto il film.
ore 22.00 – Vangelo, (2016) – 85’
Pippo, regista teatrale, si reca in un centro dove i profughi trovano asilo e condivide la loro quotidianità fatta di tempo sospeso tra dolorose memorie e incerto futuro. Poco alla volta i rifugiati si aprono al regista, gli raccontano le loro storie. Qualcuna di queste sarà nel film, altre rimarranno segrete. E alla fine l’idea di mettere in scena il Vangelo prende una sua forma incarnandosi nelle vite di queste persone, inevitabili protagoniste di un tempo nuovo.
[Note di regia] Con gli occhi feriti sono entrato in un campo di rifugiati. Senza difese, senza idee chiare, senza capire bene perché andavo lì. Certo per fuggire da quel mio mondo del teatro così lontano dal mondo, così morto, per riempire un mio vuoto, per cercare qualcosa di vivo. E ho incontrato delle persone che portavano segni di grandi ferite, di grandi lotte, ma anche segni di grande vita.
Ho trovato qualche cosa in loro che credo c’entri con la verità, la bellezza, l’arte, la fede. E forse con quel Vangelo in cui tanto credeva mia madre.

 


Casa Masaccio centro per l’ arte contemporanea ospita – dal 13 al 21 maggio 2017 – una retrospettiva dedicata ai precedenti film del regista. Ingresso gratuito (feriali 15-19, festivi 10-12/15-19)
Amore carne, (2011) – 75’
Nel corso dei viaggi, la piccola camera o il telefonino di Pippo Delbono catturano momenti unici, incontri ordinari o straordinari. Da una camera d’albergo a Parigi ad un’altra a Budapest, i percorsi intrecciano un tessuto del mondo contemporaneo. Insieme a tutti questi testimoni, alcuni famosi, altri no, che dicono o danzano la loro visione dell’universo. A volte la camera agisce di nascosto. A volte riprende gli attimi che precedono una catastrofe – come il terremoto de L’Aquila. Oppure il dopo, come a Birkenau. Gli incontri (con sua madre, gli amici, gli estranei) sono altrettante immagini del mondo di ieri, di oggi, di domani. Un mondo che qualcuno racconta attraverso la musica (come il compositore e violonista Alexander Balanescu) o il gesto (come Marie-Agnès Gillot, danzatrice étoile de l’Opera di Parigi), oppure attraverso le parole (come l’attrice Irène Jacob) o il silenzio (come Bobò, lo storico attore sordomuto di Delbono, o come l’artista Sophie Calle e l’attrice Marisa Berenson). Da un’immagine all’altra, da un testo all’altro, da uno spazio all’altro, la camera ci parla dell’amore. Della poesia. E della carne.
Con ciò che comporta di passione, ombra, dolore, tragedia e umorismo.
« Un viaggio tra un esperienza di morte e un desiderio di vita”. – scrive il regista – Un viaggio che ho fatto portando con me un telefonino e una piccola camera, mezzi leggeri che mi hanno permesso di guardare e di essere guardato. Di usare la camera come un movimento degli occhi.
Gli occhi che guardano camminando, si fermano, rallentano, cercano, sono insicuri, scoprono. C’è la memoria ancora presente di una carne malata ferita ma c’è anche il mio desiderio di trasformare la ferita in una nuova linfa. C’è il desiderio degli altri, il bisogno degli altri, c’è il mio cercare di cogliere con la camera quegli attimi irripetibili, veri. C‘è il desiderio di raccontare attraverso un cinema che non vuole documentare la realtà ma guardarla diventare sogno, poesia. Per cercare quelle linee segrete che uniscono le cose che non capiamo. Per scoprire sceneggiature nascoste, trame nascoste che stanno dietro all’apparente casualità delle cose ».
La paura, (2009) – 66’
Presentato in concorso internazionale fuori competizione al 62°Film Festival Locarno.
[Note di regia] Girato interamente con un telefono cellulare, La paura mostra le immagini catturate «selvaggiamente» dal grande Pippo Delbono, artista italiano conosciuto soprattutto per i suoi lavori teatrali. Le varie sequenze del lungometraggio, caratterizzate dalla sgranatura tipica di queste cineprese in miniatura, danno vita a una graffiante poesia. E così si instaura un dialogo tra la pancia prominente dell’artista e quell’assurdo programma televisivo italiano che parla di obesità infantile e in cui un dottore, anch’egli obeso, invita i bambini a fare attività fisica. Ma questo diario d’immagini non contiene soltanto episodi divertenti; è anche una testimonianza dello stato generale in cui verte la penisola italiana (Roma in particolare) e la sua cultura politica, sempre pronta a stigmatizzare i Rom e gli stranieri. Pippo Delbono infatti scende in campo, recandosi a Milano per assistere al funerale del giovane africano ucciso il 14 settembre 2008 dai proprietari di un negozio, padre e figlio, per aver rubato un pacchetto di biscotti. L’artista registra per non dimenticare. Registra senza pietà questo momento tragico, conseguenza di un momento di razzismo ordinario. Un carabiniere lo avvicina alla fine della cerimonia e gli chiede di non gettare olio sul fuoco. Altri momenti di vergogna: la lettura delle frasi xenofobe e offensive scritte su un muro o l’incredibile numero di persone che vivono per strada. Oscillando tra il serio e il faceto, Pippo Delbono col suo cellulare mette a nudo anche la società dello spettacolo. Come i volti inquadrati in primo piano, così il mondo è rappresentato senza abbellimenti né artifici. Perché la materia prima del film è la verità, la realtà tangibile e dimostrabile, catturata e montata dall’artista, il quale riesce a trasformare in strumento di liberazione quell’oggetto che ognuno di noi ha in tasca.

Grido, (2006) – 75’
[Note di regia] Questo film nasce dalla necessità di raccontare un’esperienza che mi ha trapassato la vita. Una lavorazione di due anni per estrarre l’essenza di una storia molto più lunga. Non volevo e non potevo scrivere una sceneggiatura, nè inventare i personaggi. La storia era presente lì, come le persone, vive. E insieme a questo c’è il mio desiderio di cercare nel linguaggio del cinema,la libertà del volo, dell’irreale, del sogno e della poesia. Senza perdere la coscienza della verità.
Guerra, (2003) – 61’
[Note di regia] Il film nasce dopo la tournée che ho fatto con la mia compagnia teatrale in Israele e Palestina.
Ma non è un documentario, non è il racconto di quel viaggio. A un certo punto ho capito che per ritrovare quel viaggio in un luogo di conflitto dovevo dimenticarlo, dimenticare il conflitto, dimenticare i pensieri sul conflitto, le considerazioni politiche, chi ha torto o ragione, ecc.
E così ho costruito come disegnando su una tela con le immagini che avevo, seguendo frammenti di poesia che parlano di libertà e costrizione, di vittime e di potenti, di gente senza viso, senza nome. Non c’è da parte mia un giudizio. Mi piace guardare con gli occhi di un bambino che aspetta, che non vuole capire ma viene attirato dai volti, dai sorrisi, dalle immagini forti di case distrutte, dalla paura della gente ma anche dal cielo, dalla luce. Ci sono nel mio gruppo persone come Bobò, senza voce, o Gianluca, che con i loro corpi diversi, con le loro diverse logiche mi sembrava che guardassero la guerra con innocenza, senza giudizio. Ecco, mi piaceva pensare che il film fosse un po’ la guerra vista con gli occhi di queste persone, che forse proprio per la loro condizione di diversi possono liberamente essere attirati dalle cose brutte, violente, ma anche dalla vita segreta che comunque è nascosta dietro la ferita. Io non voglio capire, prendere posizione, la guerra è un luogo dell’animo umano buio, contorto, spesso è molto difficile definire i buoni e i cattivi, i giusti e gli ingiusti, spesso è più facile con l’occhio della poesia avvicinare una verità più profonda. E comunque sempre è la danza per me, la ricerca della bellezza del gesto, dei tanti gesti umani che si susseguono e che così mi raccontano qualcosa di più segreto, un racconto di potenza e fragilità, distruzione e costruzione, violenza e vita comunque possibile, guerra e pace; qualcosa di illogico, di incomprensibile, ma spesso forse più vero. Come nel teatro ho cercato anche qui qualcosa che non mi staccasse dalla verità, dalla lucidità, una narrazione che non percorresse i sentieri della finzione ma quelli di un racconto poetico.
Blue Sofà, (2009) – 20’
Realizzato da Pippo Delbono, Lara Fremder e Giuseppe Baresi, Blue Sofa narra la strana routine dei fratelli Baczynski: ogni giorno, tra le 17 e le 20, Dorota, Tadeusz e Mordechaj si siedono su un divano di velluto blu ad aspettare la morte. Da quest’abitudine i tre personaggi traggono l’illusoria certezza che per il resto della giornata non potrà accadere loro nulla di mortale. Ma Leopold, il quarto fratello, da sempre escluso da questo rituale, li spia in attesa che il divano si liberi.
Ingresso gratuito | Orari: feriali 15-19, festivi 10-12 / 15-19
Casa Masaccio Centro per l’Arte Contemporanea
Corso Italia 83, 52027 – San Giovanni Valdarno
Tel. 055 9126283
casamasaccio@comunesgv.it
www.casamasaccio.it

share

Redazione